Tecnologie per il trattamento dei rifiuti...

...e non solo...

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  1. sawar
     
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    Buongiorno a tutti,

    volevo inserirmi in questa discussione poiché ho letto il rapporto conclusivo della commissione per le migliori tecniche per lo smaltimento e l’abbattimento dei rifiuti e stavo facendo delle riflessioni. In questo documento ho trovato degli spunti interessanti e verificando un po’ di dati nelle varie pubblicazioni disponibili, ho riscontrato delle caratteristiche molto utili che illustrano una tecnica di smaltimento rifiuti nonché di produzione energetica molto efficace. La pirolisi...
    In effetti pensando a come funziona e rispolverando le conoscenze scolastiche che avevo su di essa mi è stato semplice constatare alcune realtà che si verificano con un impianto di trattamento di questo tipo.

    Essendo la pirolisi un processo di termodissociazione molecolare, viene facile capire come possa agire da tecnica di smaltimento. Sapendo inoltre che avviene in una specie di reattore chiuso, in forte carenza di ossigeno ed a temperature intorno ai 600-700°C, risulta abbastanza immediato capire che l’emissione di inquinanti dallo scarico sia sicuramente più basso delle altre tecniche di abbattimento rifiuti in uso con il calore.
    Sappiamo, ad esempio, che grossi molecoloni ossigenati, inquinanti, tossici e pericolosi per l’apparato riproduttivo umano come le diossine o i furani, nascono in ambienti di combustione ossigenati (tipicamente incendi o accensioni incontrollate) e di come persistono anche ad alte temperature. Dall’altra parte in condizioni di scarsa o nulla concentrazione di ossigeno e di temperature più moderate, queste molecole non si formano. Da notare fra l’altro che altri inquinanti tipici, magari meno fetenti, ma che hanno poi un grosso impatto nel tempo come gli NOx o i composti solforati o gli HC cioè gli idrocarburi o le nanopolveri… in realtà nell’impianto pirolitico non si formano…
    Gli NOx essendo ossigenati non sono favoriti, l’azoto non trovando ossigeno, si impossessa dell’idrogeno “spegnendo” un po’ del potere calorifico della miscela gassosa ed ammansendosi in ammoniaca che verrà lavata, così come le molecole ridotte di zolfo che però dovranno essere anche trattenute da filtri al carbonio. Gli idrocarburi verranno abbattuti il più possibile durante la termodissociazione e le nano polveri, mancando le ceneri, sono molto poco probabili.
    Ecco che quindi il processo di pirolisi incamera il primo favore della commissione proprio per questa sua caratteristica di generare molti meno inquinanti. Si parla anche di tecniche di abbattimento molto moderne per gli altri impianti a combustione che riducono le emissioni di molti ordini di grandezza, ma conoscendo questi abbattitori (scrubber e simili) si sa anche che costano delle cifre importanti (vanno autorizzati, progettati e dimensionati) e che bisogna mantenerli nonchè ripararli ogni tanto… in fondo appare più logico non metterli o metterne di più semplici se esiste una tecnica che ti permette di non installarli.
    La pirolisi acquista ulteriore credito quando si parla dell’emissione dei gas serra. Contrariamente a quello che succede nella combustione classica ove la maggior parte dei legami del combustibile viene aggressivamente attaccata dall’ossigeno in collaborazione con la notevole energia cinetica dovuta alla temperatura.., nella pirolisi, l’azione non è ossidativa, anzi… l’energia risultante è frutto delle rotture dei legami per formare piccole molecole con la favorevole caratteristica di essere combustibili con impatto inquinante molto minore. In pratica si opera uno smantellamento delle grosse catene delle molecole di cui è costituita la particella di rifiuto per azione cinetica e questa riduzione genera altre particelle più piccole gassose e con un potere calorifico non trascurabile. In seguito, ma durante il processo, si può effettuare una combustione di questa particelle prodotte nell’ambito di un bruciatore collegato ad una turbina ed ad uno scambiatore per generare elettricità e recuperare calore. Sembra necessario un innesco con gas più combustibili ma solo in fase di avvio.
    Tornando al gas serra risulta semplice focalizzare che se l’azione è molto meno ossidativa del processo vero e proprio della combustione, la presenza di molecole fortemente ossigenate è molto improbabile…segue che la formazione di CO2 è decisamente sfavorita.
    Dai dati che ho letto sembra che da un processo pirolitico viene prodotto solo il 30% della CO2 che sarebbe stata prodotta se la medesima quantità di combustibile fosse stata bruciata in ossigeno (aria) e questo perché mancando ossigeno la reazione è meno aggressiva ed infine rivolta meno alla specie più ossidata…
    Un commento però segue all’istante…: è evidente che ci sarà conseguentemente una produzione molto minore di energia…(se bruci meno Carbonio producendo meno CO2 avrai prodotto meno energia)

    Ed è qui che l’asino casca ma ha anche la possibilità di riprendersi e procedere…

    Se risulta evidente che l’energia prodotta è di meno dobbiamo spostare la discussione su questioni diverse, più legate alla sostenibilità dell’impianto e meno allo sfruttamento.
    Dagli anni 70 ad oggi siamo sempre stati abituati a ragionare in termini di produttività ed è solo da pochi anni che si è sviluppata una certa coscienza per la quale spingere al massimo una produzione può poi ritorcersi contro. Laddove ci sono problemi di inquinamento o di pericolosità conclamata perché bisogna bonificare, risarcire, sistemare, ecc in genere e sempre di più, diventa sconveniente spingere al massimo. Non solo per la perdita di soldi ma anche per la scadente strategia adottata. I produttori adesso e… giustamente, piuttosto che vedersi recapitare multe o ritorsioni sociali preferiscono investire un po’ di più inizialmente per rendere tutto “a norma” fin dall’inizio.

    La pirolisi sembra sia in quest’ottica: una produzione più blanda ma ottimizzata, meglio gestita e senza provocare danni potenzialmente importanti che dovrei riparare nel tempo. Si sta per fortuna perdendo l’arrivismo secondo cui vale il ragionamento “devono trovarmi, identificarmi e additarmi e tanto prima che si verifichi ciò… la sanzione capiterà a chi viene dopo di me e ci penserà lui”.

    A questo punto ho cercato di capire quanto è questa minore produzione energetica perché fosse realmente sfigata, sarà anche ecocompatibile ma se rende in modo svantaggioso, è meglio lasciar perdere fin dall’inizio e non se ne parla più… ebbene con un po’ di stupore e confrontando dati provenienti da La Repubblica sulle caratteristiche di un termovalorizzatore in progetto a Torino, con quelli di un impianto pirolitico standard da 3,5MWh (dati disponili in rete), tutta questa differenza non l’ho trovata… anzi… e vediamola meglio.

    Le cifre sono tratte dal quotidiano La Repubblica di venerdì 17 febbraio 2006 e riguardano un termovalorizzatore in progetto a Torino in confronto con un impianto pirolitico standard da 3,5 MWh:

    A- investimento di 311.000.000 € contro 12.000.000 € (26 a 1 circa)
    B- smaltimento di CDR di 421.000 t/a contro 37.500 t/a (11 a 1 circa)
    C- produzione di energia di 300.000 MW contro 26.250 MW (11 a 1 circa)
    D- impatto ambientale: si pensi a una torre di più di 120 metri d’altezza (quasi quanto la Mole
    Antonelliana!) contro un impianto che occupa un’area di 14 metri per 24 circa e con un’altezza della canna fumaria di appena 9 metri; e un normalissimo capannone da 1.200 m2 circa.

    La questione è che il termovalorizzatore è un bestione enorme… per fare in modo che renda a dovere, la sua dimensione deve essere notevole, basti appunto a pensare che per produrre l’energia dell’esempio sopra, il camino della centrale deve essere alto 120 metri con un’area esagerata intorno… mentre quello di un pirolitico, solo 9 metri di camino con capannone intorno di medie dimensioni 1500-2000 m2

    Produrre meno, in modo migliore, in modo più decentrato, in mano a molti per renderlo più flessibile e meno controllabile dal malaffare. Passibile di investimenti anche per circoscrizioni non enormi, piccoli comuni consorziati possono avere il loro abbattitore creandosi un’indipendenza più importante. Ci sarebbero anche minori spese di trasporto per conferire la materia prima…

    E sulla questione della CO2 c’è poi un altro ragionamento da fare legato alla provenienza del rifiuto. Innanzi tutto l’attuale grossa distinzione è biocombustile o combustibile fossile o la via di mezzo costituita dal CDR. Se il primo è tutto ciò che ha origine dall’organico vegetale ed il secondo dal fossile (carbone, petrolio e gas naturale), il CDR ha un % di entrambe. La composizione del CDR è molto eterogenea ma si tratta di tutto ciò che non è riciclabile. Tutto quello che dalla separazione non si riesce ad isolare e mandare al recupero dedicato. Nell’ambito il CDR ha una composizione che riporta plastica, carta, fibre lignee, tessuti naturale, fibre sintetiche, metalli, inerti, ecc.
    In questi materiali una percentuale di materiale NON fossile esiste e se fosse bruciato nel termovalorizzatore andrebbe a bilancio zero dato che re-immette la CO2 assorbita durante il ciclo vitale, mentre andrebbe a bilancio – tot % se si usasse la pirolisi perché abbiamo detto che non tutto (anzi solo il 30%) del carbonio disponile si termoriduce generando energia e CO2… il resto viene inertizzato.

    Ed è proprio quest’ultimo punto che mi ha ulteriormente colpito ed incuriosito…infatti quando il processo anaerobico consuma tutti i carboni disponibili (il processo aerobico li consumerebbe tutti disponibili e meno) e non vi è più produzione di gas combustibili da questi carboni, la massa calda esausta e contenente anche metalli ed inerti, viene repentinamente raffreddata vetrificando il tutto con un getto di acqua o in un tuffo in una vasca appunto di acqua. Si forma una specie di basalto con l’80% di C amorfo con inglobati metalli e altro materiale confinato in un solido non lisciviabile utilizzabile ad esempio come sottofondo stradale. Ed è stata emessa una quantità minore di CO2 .

    A questo punto lo spettro è chiarissimo… è meglio un pesantissimo impianto da molti milioni di euri che dovrebbe essere dotato di tutti i controlli finanziari e di sicurezza per evitare cha lavori al risparmio per il beneficiare di pochi e per evitare inquinamenti (i cui danni sarebbero poi visibili dopo anni dal malcompiuto dato che le diossine agiscono sugli apparati riproduttivi umani e non su istantanee allergie)… oppure una serie di impianti a combustione pirolitica organizzati in diversi punti dell’interland che producono elettricità in modo molto più pulito e facilmente gestibile e controllabile?
    Dai dati sopra scritti si può velocemente verificare che per l’investimento di 1 termovalorizzatore si possono costruire 11 impianti pirolitici per produrre la stessa quantità di energia e smaltire il medesimo quantitativo di CDR con però un investimento pari a meno della metà (2,35) e tutti gli altri vantaggi sui i vari impatti sopra descritti.

    Ci sarebbe ancora una questione secondo cui si discute circa la validità o meno di ottenere sgravi fiscali per mezzo dei certificati verdi. Questa questione permetterebbe di fluidificare anche dal punto di vista economico l’uso di questi impianti perché renderebbe il loro investimento ammortizzabile in minor tempo, riducendo i piani d’investimento.
    Tali certificati sono legati all’uso delle fonti alternative o assimilate ad esse ed li CDR è ritenuto un assimilabile. Nel caso specifico di questi impianti, però, queste agevolazioni vengono a mancare per un difetto burocratico poiché la pirolisi non utilizza il CDR come combustibile diretto ma bensì come materia prima per produrre gas di pirolisi a sua volta combustibile. Peccato che il gas di pirolisi non viene considerato “fonte alternativa” poiché il suo utilizzo avendo origine industriale (gas di sentesi per altri trattamenti) ed essendo sempre stato prodotto da combustibile di origine fossile, per erronea associazione si omologa la miscela gassosa da pirolisi su CDR ad una matrice fossile. In realtà occorrono due ragionamenti paralleli… il primo sta nell’illustrare la composizione del gas di pirolisi per confrontarlo ad esempio col biogas notoriamente considerato “fonte alternativa” e verificare la quasi similitudine. Si può verificare infatti, che la composizione dei due gas prodotti è costituita da molecole uguali (CO, H2, CH4, CO2, altro…), con diverse percentuali fra loro, ma con la sommatoria delle molecole combustibili pressoché uguale: 95% per il biogas ed il 95,7% per il gas di pirolisi. Se poi aggiungiamo, per concludere il ragionamento, che non tutto il CDR è di origine fossile poiché più del 50% è costituito da materiale organico vegetale come fibre lignee, fibre di cellulosa, fibre di tessuti naturali, cibi confezionati (si vedano le composizioni stimate…), penso che almeno un 50% di certificato verde, se non di più, questa tecnologia si meriterebbe.

    Dopo aver seguito tutti questi passaggi ed avendo finalmente una visione più generale mi è sembrato di documentarmi sulla terza generazione dei termovalorizzatori e credo che salvaguardando un po’ di timori tipici sollevati in questi decenni dai vari rimedi pensati e delle soluzioni praticate (inquinamento conseguente, emissioni di gas serra, gestibilità, locazione, funzionamento, ecc), questo tipo d’impianto (la pirolisi) possa fornire una buona soluzione al passo con le vere esigenze del momento.
    E’ anche vero che occorre a monte tutta la struttura che crea il CDR e che quella struttura potrebbe anche essere più rimaneggiabile dagli intrallazzi di pochi, ma in questo momento la produzione di CDR è già in esubero, ricordo in fatti che proprio in questo forum da qualche parte nelle discussioni qualcuno citava di aver visto (come è capitato anche a me) durante la trasmissione “Anno Zero”, un’area molto ampia nel Sud Italia dove venivano stoccati da anni, non ricordo più quanti chilometri quadrati di ecoballe appunto di CDR.

    Io la trovo una buona soluzione… parziale, magari, non risolutiva… ma che nel tempo potrà dare dei benefici importanti anche alle comunità.

    Mi piacerebbe sapere la vostra opinione e se siete a conoscenza di impianti del genere in via di installazione o operatività.

    Saluti

    L.
     
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56 replies since 6/2/2007, 20:45   19974 views
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