Atteggiamenti, Strumenti, Metodi nostri NEMICI

Facciamo la lista dei NEMICI della sostenibilità ambientale

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  1. FernandoFast
     
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    Riprendo alcuni argomenti postati in questo 3D riportando alcune note prese su di un sito sulla RESPONSABILITA' SOCIALE delle imprese.
    Amore & Lavoro

    CITAZIONE
    Amore è una parola che nel mondo degli affari generalmente non trova posto, ma è giunto il momento di inserirla. È una grande opportunità per l'uomo moderno: portare l'amore dentro sé, prima, e poi portarlo fuori.

    Molti pensano, nella nostra società, che l'amore sia un concetto astratto, oppure un sentimento collegato solo con il corpo, con la sessualità. In realtà l'amore è il potere che muove ogni cosa nella natura ed è il potere che potrebbe muovere ogni uomo, ogni organizzazione, ogni comunità, società, paese, continente. La leadership più grande, e l'unica veramente possibile, passa attraverso l'amore di sé e degli altri, cominciando da quelli che entrano nella propria sfera di relazione.

    Ogni uomo possiede in sé infinti semi d'amore. E’ sufficiente alimentarne uno, ogni giorno, per vederlo fiorire nelle azioni più belle, nelle imprese più solide, nei prodotti più ispirati. La funzione che possiamo tutti svolgere, in questo momento, è alimentare e curare i propri semi dell'amore, per farli crescere e prosperare nella propria carriera, nelle proprie relazioni ed in tutte le sfere della vita. Non è una impresa difficile e il momento di fare questa svolta arriva immancabilmente, l'opportunità si presenta, e più volte, a tutti.

    Attraverso l'amore è possibile fare le cose ritenute "impossibili", ma anche le cose più umili, le più piccole, e sentirsi ugualmente appagati. Con l'amore si va oltre il giudizio, il confronto, la paura, si superano queste categorie che regnano negli ambienti assuefatti alla sofferenza e si raggiunge la consapevolezza di poter vivere una vita nella gioia, nella bellezza e nella prosperità.

    Lavoro e amore sono sempre considerate due sfere separate...

    Amore è una parola che nel mondo degli affari generalmente non trova posto, ma è giunto il momento di inserirla. È una grande opportunità per l'uomo moderno: portare l'amore dentro sé, prima, e poi portarlo fuori.

    Lavoro e amore sono sempre considerate due sfere separate, ma in realtà il lavoro si fa bene solo quando ci si mette amore. A livello dell’inconscio collettivo non è un messaggio nuovo, tutti conoscono il significato e il valore dell'espressione "fatto con amore".
    I grandi capolavori del Rinascimento sono fatti con amore e manifestano amore: verso il mestiere, verso Dio, verso l'abilità e la conoscenza, verso i mecenati. Anche noi possiamo porci così, verso i nostri colleghi, verso i nostri clienti e perché no, anche verso i concorrenti.

    Sembra difficile applicare il concetto d'amore per un concorrente, ma quando si utilizza non si mette da parte questo sentimento, nel suo senso più ampio, in ambito lavorativo, nascono le alleanze, le sinergie, ci si rinforza. Il mercato reagisce meglio a all’amore che alla logica dello scontro.

    All'interno e all'esterno, nel mondo del lavoro, la sincerità è la qualità che contraddistingue il rapporto d'amore. Due amanti, tra di loro sono sinceri, non si nascondono le cose, ma stanno insieme aprendosi l'uno con l'altro. Nel lavoro la sincerità permette di instaurare e mantenere relazioni sinergiche con tutte le persone: sì perché il lavoro è prima di tutto una "relazione tra le persone", colleghi, clienti, fornitori, concorrenti, ma anche, indirettamente, acquirenti e consumatori.

    Nello Ceccon



    e Ancora:
    CITAZIONE
    Cosa è la CSR

    La CSR è l'impegno dell'impresa ad adottare comportamenti che vanno oltre il semplice rispetto degli obblighi di legge. Modello gestionale basato su valori, interagisce con la produzione (ridurre l'impatto ambientale, sicurezza dei lavoratori, non sfruttamento di minori, attenzione a qualità e sicurezza dei prodotti), il marketing (soddisfazione dei clienti), le risorse umane (formazione, valorizzazione delle competenze), gli aspetti finanziari.

    LifeGate CSR propone progetti ad hoc di Responsabilità Sociale e di Cause Related Marketing secondo criteri di coerenza con l'Azienda e il suo business, sempre rispondenti al criterio "Win-Win":

    vince l'ambiente e il sociale, che ricevono prezioso supporto e linfa vitale da queste iniziative;
    vince l'Azienda che ne ha un ritorno tangibile in termini economici, di immagine, di visibilità.
    Dal Libro Verde della Commissione Europea sulla CSR. "E' l'integrazione su base volontaria, da parte delle imprese, delle preoccupazioni sociali e ambientali nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate".

    La CSR è promossa e incentivata a livello internazionale.
    E' un tema strategico dell'Unione Europea, "per divenire la più "competitive and dynamic knowledge-based economy in the world", un'economia capace di crescita economica sostenibile con più lavoro, migliori condizioni, miglior coesione sociale" (Meeting di Lisbona).


     
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  2. BrightingEyes
     
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    Saremmo tutti contenti che gli unici problemi delle aziende si limitassero all'amore e al rispetto delle persone.
    Purtroppo la realtà non è così, nè mai lo sarà finchè le aziende, specie in paesi dalla mentalità dipendentista come l'Italia, continuano ad essere considerate come "fornitrici di posti di lavoro" e "casseforti sociali" a cui attingere a piene mani se c'è necessità, e sempre a condizione che non disturbino, inquinino, rumoreggino ecc.
    L'imprenditore in Italia è visto perlopiù come un mangiapane a tradimento che si ingrassa sul lavoro degli altri se ha successo e come un pericoloso delinquente da emarginare se la sua azienda fallisce.
    Il diritto fallimentare italiano in questo senso fino a pochi mesi fa era un esempio lampante di questa stupida mentalità. Pur non essendoci fortunatamente passato in prima persona ho avuto occasione di assistere alla vera e propria cancellazione di ogni diritto civile (manco più a votare può andare!!) oltre che di tutti i beni, casa di abitazione compresa, di un amico coinvolto in un fallimento.
    Fortunatamente la norma è stata ora cambiata, ma non ho ancora capito come e quanto. Comunque è di sicuro una delle (poche) cose per cui ringraziare l'esecutivo attuale, anche se a molti sembrerà una cosuccia secondaria.

    Poetiche aspirazioni come quelle riportate da FernandoFast sono ovviamente auspicabili, ma non nasceranno per merito della saggezza degli imprenditori che arriveranno a "capire" come "vince l'Azienda che ne ha un ritorno tangibile in termini economici, di immagine, di visibilità."

    Perchè questo avvenga occorre che anche dall'altra parte si capiscano alcuni concetti fondamentali:

    1) E' dovere dell'azienda produrre beni e servizi con la massima efficienza energetica e lavorativa, pur nel pieno rispetto delle persone che all'azienda partecipano. Questo significa che è verissimo che ogni lavoratore dell'azienda ha pieno diritto ad essere considerato soggetto portatore di diritti inalienabili ecc. , ma significa anche che tutto questo ha un costo, che l'azienda DEVE poter scaricare sul cliente finale. E' la società che acquisisce i vantaggi dell'azienda attenta al sociale, quindi è la società che si deve fare carico del peso che questo comporta.
    Se ci limitiamo a inveire contro le imprese che licenziano, subappaltano, esternalizzano, pagano poche tasse e appena giriamo l'angolo acquistiamo il monitor made in China "perchè quelli mi chiedevano 100 euro in più" poi non scandalizziamoci poi se l'impresa s'è delocalizzata.
    2) Il lavoro dipendente è in netta, progressiva, inarrrestabile riduzione. Non c'è nulla che possa essere fatto per invertire questa tendenza. E' insita nell'evoluzione tecnologica e i lamenti sugli "operai licenziati dai robot" sono solo demagogiche idiozie. Credere a chi promette miracolose "politiche di occupazione" è vano. Sia se chi li promette porta la cravatta azzurra sia se la porta rossa, sia chiaro!
    Un'azienda che collabori alla crescita economica sostenibile produrrà sicuramente migliori condizioni lavorative, miglior coesione sociale, un ambiente più vivibile e pulito, ma NON produrrà lavoro aggiuntivo. Quello strano meccanismo che va sotto il nome di occupazione è tipico dell'era industriale e ovviamente andrà riducendosi nell'era post-industriale. (v. Rifkin - La fine del lavoro). A questo va trovata una risposta senza appaltarla al sistema delle imprese.
    3) Scopo primario di chi vuol incentivare l'azienda dovrebbe essere di fornirgli i mezzi necessari per competere con i concorrenti internazionali, senza obbligarlo a combattere col "braccio legato dietro la schiena". Ad esempio la tassazione, la contribuzione, il costo del lavoro e dell'energia DEVONO essere parificati a quelli dei principali concorrenti internazionali. Questo ha un costo, ovvio. E il costo va a scaricarsi sulla società, non su fantomatici grandi fratelli dalle spalle larghe. Si può fare finta di nulla, come facciamo ora, ma poi non vale lamentarsi della "scarsa competitività" delle nostre aziende.
    4) Oltre a auspicare comportamenti amorevoli da parte dell'industria a società dovrebbe attivarsi per trovare soluzioni sociali che siano in grado di dare risposte alle legittime richieste della popolazione senza illudersi che sia sempre il sistema produttivo delle imprese a togliere le castagne dal fuoco. La produzione energetica diffusa può essere una risposta, ben vengano altre purchè fattibili.

    Questo, sia chiaro, non è una filippica pro-multinazionali. Ben venga un modo di produre intelligente e rispettoso dell'ambiente e del sociale.
    Però la speranza che siano le imprese a "ravvedersi" e a adottare comportamenti virtuosi senza scocciare il privato che, poverino, cerca solo un contratto a tempo indeterminato che gli garantisca la pensione e magari una buona liquidazione.... beh a me pare un pò utopica. C'è un costo e dobbiamo sobbarcarcelo tutti, poche balle. biggrin.gif

    Per il resto sono d'accordo tongue.gif
     
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  3. FernandoFast
     
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    CITAZIONE (BrightingEyes @ 9/2/2006, 14:09)
    L'imprenditore in Italia è visto perlopiù come un mangiapane a tradimento che si ingrassa sul lavoro degli altri se ha successo e come un pericoloso delinquente da emarginare se la sua azienda fallisce.


    Come sapete la logica che applico al mio ragionamento è quella dei valori infiniti e non del dualismo socratico del bene e del male, del bianco e del nero.

    A partire da questo, si desume che per me il Bianco e il Nero sono assoluti irraggiungibili. Per me il mondo è una infinita variazione di grigi, alcuni precipitano verso il nero, il buio, altri si innalzano e mirano alla maggiore sopravvivenza, al bianco.

    Fatta la premessa, alla base del miglioramento metto la capacità di prendersi le proprie RESPONSABILITA'. Ci sono alcuni che precipitano per una insufficente autodeterminazione a raggiungere l'affrancamento dai legami e dagli ostacoli posti nel loro universo materiale, altri che con piglio illuminato riescono a volgere al loro, ed altrui favore, la loro intelligenza.

    Nella storia umana ci sono molte persone che hanno saputo cogliere le opportunità materiali e che hanno RESPONSABILMENTE diffuso maggior benessere nella società, quindi a loro stessi. Questa è la storia dei VINCENTI che nell'etica protestante sono visti come una benedizione divina; mentre in quella cattolica come la nostra, vengono additati come asserviti al DIAVOLO e al sua sporca paga (30 denari di Giuda). Scusate l'estremismo del ragionamento ma è solo per rendere più chiari i concetti...

    Questa demonizzazione della capacità imprenditoriale da parte della cultura cattolica ha, secondo me, posto le basi e COSTRINGE, MOTIVA gli imprenditori di lingua e cultura italiana, a considerare le loro abilità più per scopi individuali, egoistici, che per scopi più estesi che arrivino ad abbracciare l'intera società.

    Il mediocre, e con questo non voglio fare una valutazione delle persone ma piuttosto di un substrato culturale, imprenditore italiano è quindi in tremenda difficoltà.

    Purtroppo però, questa mediocrità spesso si sposa con atteggiamenti immorali, scarsamente etici, che danno facile conferma al fatto che il diffuso opportunismo (per non dire criminale attaccamento) della classe imprenditoriale italiana, porta a considerazioni generalizzate di questo tipo: L'imprenditore in Italia è visto perlopiù come un mangiapane a tradimento che si ingrassa sul lavoro degli altri se ha successo e come un pericoloso delinquente da emarginare se la sua azienda fallisce.

    CITAZIONE
    Poetiche aspirazioni come quelle riportate da FernandoFast sono ovviamente auspicabili, ma non nasceranno per merito della saggezza degli imprenditori che arriveranno a "capire" come "vince l'Azienda che ne ha un ritorno tangibile in termini economici, di immagine, di visibilità."


    Le mie "poetiche" aspirazioni, come le chiami tu ti assicuro che non sono affatto POETICHE.

    Ti faccio un esempio banale: poniamo il caso di una persona che va a comprare un pacchetto di sigarette. Nel suo quartiere ci sono due TABACCAI; lui però va a comprare le sigarette sempre da uno piuttosto che dall'altro: perchè? Se provi a chiederlo, questa persona di proporrà dei motivi che NON sono riferibili al prodotto, piuttosto all'ambiente, alla simpatia, alla presumibile affinità, all'espressa onestà del tabaccaio che gli serve il prodotto. Per capirci: i valori dell'etica e della morale affrontano una questione di MARKETING e non una POETICA. Non posso dilungarmi troppo sull'argomento ma ti assicuro che la mia è assolutamente un'affermazione ECONOMICA e non poetica.

    CITAZIONE
    2) Il lavoro dipendente è in netta, progressiva, inarrrestabile riduzione. Non c'è nulla che possa essere fatto per invertire questa tendenza. E' insita nell'evoluzione tecnologica e i lamenti sugli "operai licenziati dai robot" sono solo demagogiche idiozie.


    Questa è un'affermazione che non mi trova molto in accordo. La questione andrebbe posta nei termini di una evoluzione temporale e sociale delle società. Il lavoro è alla base della vita; le persone hanno un bisogno sostanziale a portare il loro contributo; ed una società sopravvive in quanto capace di creare opportunità economiche di reciproca collaborazione.

    Questa presunta e diffusa interpretazione "post industriale" come fine del lavoro DIPENDENTE, è secondo me una degenerazione: figlia di una scarsa capacità degli imprenditori di prendersi la RESPONSABILITA' di dover dirigere lo sviluppo sociale.

    Per chiarirti meglio in concetto: la maggior crescita economica che abbiamo a livello mondiale adesso, è in quei due paesi più popolosi del mondo che hanno una manodopera diffusa e a basso costo dove le aziende, quando sono PICCOLE, hanno centinaia di dipendenti.

    Ci deve essere un cambio di paradigma, è questa la vera RIVOLUZIONE che dobbiamo fare e, secondo me, alla base di questo cambio di paradigma sta l'espansione della capacità di prendersi la RESPONSABILITA' del cambiamento. QUesta deve essere accoppiata però alla CONOSCENZA applicata allo sviluppo economico gestito, CONTROLLATO in vista della creazione di una maggiore sopravvivenza della UMANITA' tutta.

    CITAZIONE
    senza obbligarlo a combattere col "braccio legato dietro la schiena". Ad esempio la tassazione, la contribuzione, il costo del lavoro e dell'energia DEVONO essere parificati a quelli dei principali concorrenti internazionali. Questo ha un costo, ovvio. E il costo va a scaricarsi sulla società, non su fantomatici grandi fratelli dalle spalle larghe. Si può fare finta di nulla, come facciamo ora, ma poi non vale lamentarsi della "scarsa competitività" delle nostre aziende.


    Quel mondo, quella società in cui ci troviamo, le sue leggi, le sue convenzioni, la sua MORALE, sono l'espressione PERFETTA di quanto siamo stati capaci di creare nella nostra storia di POPOLO Italiano. NON diamo la colpa ad altri ne tantomeno ai nostri politici. Siamo NOI che dobbiamo prenderci le nostre RESPONSABILITA'.

    Se non ci sta bene quello che abbiamo possiamo cambiarlo attraverso la delega democratica: ma a chi dare il nostro VOTO? Io, dal mio punto di vista, ho scelto per il meglio, per il gruppo che spinge a favorire lo sviluppo di una imprenditoria liberale (sono un ottimista come vedi). Molti però in Italia "reagendo" piuttosto che "agendo"; perseverano in quel catto-comunismo populista che considera il DENARO e chi lo possiede, più che in una benedizione, una manifestazione del maligno...

    ...ad ognuno la sua naturalmente: io ho la mia di idea, e penso di aver ragione; ma sono certo, anzi certissimo, che TUTTI abbiamo le nostre ragioni ed interpretiamo la realtà in modo completamente unico wink.gif , personale.

    Edited by FernandoFast - 11/2/2006, 06:35
     
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  4. Archangel
     
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    CITAZIONE (FernandoFast @ 10/2/2006, 09:23)
    Quel mondo, quella società in cui ci troviamo, le sue leggi, le sue convenzioni, la sua MORALE, sono l'espressione PERFETTA di quanto siamo stati capaci di creare nella nostra storia di POPOLO Italiano. NON diamo la colpa ad altri ne tantomeno ai nostri politici. Siamo NOI che dobbiamo prenderci le nostre RESPONSABILITA'.

    Se non ci sta bene quello che abbiamo possiamo cambiarlo attraverso la delega democratica: ma a chi dare il nostro VOTO? Io, dal mio punto di vista, ho scelto per il meglio, per il gruppo che spinge a favorire lo sviluppo di una imprenditoria liberale (sono un ottimista come vedi). Molti però in Italia "reagendo" piuttosto che "agendo"; perseverano in quel catto-comunismo populista che considera il DENARO e chi lo possiede, più che in una benedizione, una manifestazione del maligno...

    Peccato. Esordisci dicendo che l'imprenditore dovrebbe avere anche una funzione etica, sociale, e termini lodando il liberalismo, che poi significa non farsi carico proprio di questi tipi di problemi per correre dietro alla concorrenza (e in nome della dea competizione votando chi gli dà mano libera con il personale)

    E' vero, siamo in concorrenza col Terzo Mondo. E in nome di questa tutto quello che si inventa è di chiudere gli stabilimenti in Italia per riaprirli dove la manodopera costa meno. Facile, ma poco etico.
    Ti ricordo che Ford pagava i suoi operai il doppio degli altri perchè potessero permettersi di comprare le auto che fabbricavano. I cassintegrati della FIAT non possono comprare neppure le FIAT prodotte in Polonia.

     
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  5. BrightingEyes
     
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    Il discorso al solito, si avvolge intorno al nodo liberismo-protezionismo. Da una parte i liberisti "selvaggi" dall'altra gli assistenzialisti (non serve dare aggettivi, lo stesso termine è intrinsecamente denigratorio ormai tongue.gif ).

    La verità è che non ci servirà nè la legge Biagi nè Bertinotti. Le aziende si trasformano, il fatto che abbiano la mano libera o no non cambia nulla, ricercano e ricercheranno sempre più la competitività a tutti i livelli. E questo non certo per il massimo profitto, ma spesso per pura sopravvivenza. La grande illusione è che esistano strategie (etiche, stataliste, alternative, liberiste... np) che riescano a impedire la fine del lavoro.
    Nei link riportati sopra, se li leggete, vedrete che il massimo sforzo delle aziende che hanno a cuore l'etica è rivolto a garantire ai dipendenti un rapporto e un ambiente di lavoro più umani e interessanti. Si offrono corsi di tecniche di meditazione orientale, si fa colazione tutti assieme in azienda, si adottano le soluzioni tecnologiche per diminuire fatica e stress... ottime cose, da sottoscrivere subito.
    NESSUNA azienda però si limita a dire "noi assumiamo il 50% di dipendenti in più di quanto servono e li paghiamo 50% in più". L'etica ha dei limiti e il bilancio annnuale è uno di questi.

    Una parte sempre maggiore di popolazione cosiddetta attiva viene occupata in maniera fittizia nel settore statale al solo scopo di garantire loro un reddito, lo sappiamo tutti, ma per tatto facciamo finta di credere che "manchi personale".
    Una delle vere motivazioni delle privatizzazioni è stata liberare la gestione del personale di aziende elefantiache come Telecom e Enel dal peso, ormai insostenibile degli esuberi di personale.
    Le poste ora sono in attivo, evviva, evviva... ma hanno il 50% del personale dei tempi d'oro. E gli altri sono tutti in pensione.
    Alitalia, come tantissime altre aziende nel passato sta per essere stolidamente sacrificata all'altare dei posti di lavoro "intoccabili" anche quando interessano persone da 5000€ netti al mese.

    MAh... forse ho torto, ma vedremo.
     
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  6. BrightingEyes
     
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    CITAZIONE (FernandoFast @ 10/2/2006, 09:23)


    CITAZIONE
    2) Il lavoro dipendente è in netta, progressiva, inarrrestabile riduzione. Non c'è nulla che possa essere fatto per invertire questa tendenza. E' insita nell'evoluzione tecnologica e i lamenti sugli "operai licenziati dai robot" sono solo demagogiche idiozie.


    Questa è un'affermazione che non mi trova molto in accordo. La questione andrebbe posta nei termini di una evoluzione temporale e sociale delle società. Il lavoro è alla base della vita; le persone hanno un bisogno sostanziale a portare il loro contributo; ed una società sopravvive in quanto capace di creare opportunità economiche di reciproca collaborazione.

    Questa presunta e diffusa interpretazione "post industriale" come fine del lavoro DIPENDENTE, è secondo me una degenerazione: figlia di una scarsa capacità degli imprenditori di prendersi la RESPONSABILITA' di dover dirigere lo sviluppo sociale.

    Per chiarirti meglio in concetto: la maggior crescita economica che abbiamo a livello mondiale adesso, è in quei due paesi più popolosi del mondo che hanno una manodopera diffusa e a basso costo dove le aziende, quando sono PICCOLE, hanno centinaia di dipendenti.

    Vedi, il fatto che la crescita economica sia maggiore in quei paesi è legato alla ovvia considerazione che quei paesi stanno vivendo ORA la civiltà industriale. Infatti la loro tipologia di produzione di ricchezza è uguale a quella dell'Europa degli anni 60, grandi aziende e produzione di beni tramite manodopera diffusa, il tutto sostenuto da produzione energetica e tecnologie adeguate, dove non esistono queste la manodopera può essere abbondatissima, ma è del tutto inutile.

    Nel mondo industriale questa tipologia di produzione non esiste più. Semplice e drammatico, ma vero. Prendersela con i soliti imprenditori che non hanno capito è sbagliato e del tutto inutile, visto che comunque nessuno ha la possibilità di costringere gli imprenditori a cambiare atteggiamento. Certo ci si può appellare all'amore e all'etica degli imprenditori, magari funziona... per carità anche una preghierina a Padre Pio male non fa di certo.

    Dici che il lavoro è alla base della vita e le persone hanno un bisogno sostanziale di dare il proprio contributo. Questo è sacrosanto, ma solo nella seconda parte. Infatti è vero che ognuno di noi deve dare il proprio contributo, ma che questo debba prendere la forma del "lavoro" (inteso come prestazione di opera intellettuale o manuale pagata da qualcuno) è del tutto falso, sopratutto quando ci si aspetta che siano "altri" a organizzarci la forma di lavoro comoda e sicura (contratto a tempo indeterminato, ben pagato, con pensione garantita ecc.), esiste anche il lavoro autonomo...anche se al momento per molti italiani pare una riserva per extracomunitari.

    In realtà prima della brevissima parentesi dell'era industriale (ormai finita, ripeto) il lavoro dipendente era una situazione del tutto marginale nella realtà umana. Il contributo delle persone alla società consisteva nel fornire ENERGIA. La stragrande maggioranza della popolazione era occupata in agricoltura, e in pratica usava un "pannello FV" naturale autorigenerante a bassissimo rendimento e bassissimo costo (la pianta) per trasformare energia solare in energia alimentare (cibo) e biomassa (legna).

    Senza energie fossili e senza tecnologia il destino dell'umanità è limitato a questo. Ara, semina, raccogli e mangia. Nessuna etica o organizzazione sociale potrà cambiare la realtà.

    La domanda non è SE il lavoro dipendente è veramente alla fine, ma COME sostituirlo ormai. E non esistono soluzioni a costo zero.


    P.S. sulla questione della responsabilità di tutti e delle scelte sono d'accordo. Io ci aggiungerei la possibilità di inventare forme nuove di produzione e socialità senza contare sulla classe politica, che per sua natura tenderà semrpe ad seguire la massa urlante.
    C'è un grande fermento nella società europea e a livello di gruppi sociali le visioni sono enormemente disparate. Non sono certo un "no global" ma molti ormai stanno capendo che nel modello di crescita continua a base finanziaria c'è qualcosa di molto sbagliato e tocca alle persone "immaginare" modelli sociali alternativi. E' un pò la rinascita del vecchio slogan sull'immaginazione al potere. Molte proposte sono buffe, altre disgustose, ma da un oceano di idiozie magari esce qualcosa di buono... hai visto mai ?

    Edited by BrightingEyes - 10/2/2006, 14:25
     
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  7. FernandoFast
     
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    CITAZIONE (BrightingEyes @ 10/2/2006, 13:30)
    NESSUNA azienda però si limita a dire "noi assumiamo il 50% di dipendenti in più di quanto servono e li paghiamo 50% in più". L'etica ha dei limiti e il bilancio annnuale è uno di questi.

    Rileggendo quanto dici tu e quanto Arcangel, credo ci sia ancora la necessità di definire meglio l'etica in relazione al comportamento dell'uomo nel momento in cui usa i mezzi che ha a disposizione.

    Il comportamento dell'uomo, in quest'ottica si muove verso un'ampliamento delle possibilità della sopravvivenza, del benessere generale.

    Questo significa che le contingenze, le circostanze, le situazioni vengono valutate ed affrontate dalla persona in maniera più o meno etica e, quindi, secondo il livello di espansione economica a cui portano non solo per se stessi, sono passibili di maggiore o minore soddisfazione per l'individuo stesso.

    A parità di mezzi, quindi per assurdo nella medesima situazione, due individui si distinguono eticamente dal livello di contributo che riescono a portare alla sopravvivenza di se stessi, della propria famiglia, del gruppo di lavoro con cui stanno collaborando, dell'umanità.

    Questo in soldoni cosa significa: se uno è un ladro, incapace di portare sviluppo a se stesso, quindi alla sua famiglia, al gruppo a cui partecipa, alla società; è molto probabilmente sofferente di una aberrazione della sua etica personale rispetto a uno che, nella medesima situazione oltre che vivere in una soddisfacente agiatezza personale, è capace di sostenere lo sviluppo armonico della sua famiglia, del gruppo con cui lavora, della società.
     
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  8. BrightingEyes
     
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    CITAZIONE (FernandoFast @ 10/2/2006, 14:49)
    CITAZIONE (BrightingEyes @ 10/2/2006, 13:30)
    NESSUNA azienda però si limita a dire "noi assumiamo il 50% di dipendenti in più di quanto servono e li paghiamo 50% in più". L'etica ha dei limiti e il bilancio annnuale è uno di questi.

    Rileggendo quanto dici tu e quanto Arcangel, credo ci sia ancora la necessità di definire meglio l'etica in relazione al comportamento dell'uomo nel momento in cui usa i mezzi che ha a disposizione.

    Il comportamento dell'uomo, in quest'ottica si muove verso un'ampliamento delle possibilità della sopravvivenza, del benessere generale.

    Questo significa che le contingenze, le circostanze, le situazioni vengono valutate ed affrontate dalla persona in maniera più o meno etica e, quindi, secondo il livello di espansione economica a cui portano non solo per se stessi, sono passibili di maggiore o minore soddisfazione per l'individuo stesso.

    A parità di mezzi, quindi per assurdo nella medesima situazione, due individui si distinguono eticamente dal livello di contributo che riescono a portare alla sopravvivenza di se stessi, della propria famiglia, del gruppo di lavoro con cui stanno collaborando, dell'umanità.

    Questo in soldoni cosa significa: se uno è un ladro, incapace di portare sviluppo a se stesso, quindi alla sua famiglia, al gruppo a cui partecipa, alla società; è molto probabilmente sofferente di una aberrazione della sua etica personale rispetto a uno che, nella medesima situazione oltre che vivere in una soddisfacente agiatezza personale, è capace di sostenere lo sviluppo armonico della sua famiglia, del gruppo con cui lavora, della società.

    Ah ! unsure.gif
     
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  9. francobattaglia
     
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    Edited by FernandoFast - 15/2/2006, 08:52
     
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  10. Tianos
     
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    molti di questi discorsi li trovo abbastanza utopici....quando al'amministratore della odierna bayer, gli venne detto durante il processo per crimini di guerra ,della seconda guerra mondiale verso i tedeschi ,che avrebbe dovuto rispondere a dio delle propie linee di condotta, lui rispose che gli unici a cui doveva rispondere erano i suoi azionisti.

    sono mooolto pessimista....sono convinto che entro la fine di questo secolo potremo assisstere alla completa estinzione del genere umano ....io spero di essere l'ultimo e di potermi godere lo spettacolo fino ala fine...(con un bel pacco di pop corn...non sarebbe male)
     
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  11. Archangel
     
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    Ieri sul Corriere della Sera si citava un'intervista su Foreign Affairs di Leonardo Maugeri dell'ENI, uno dei maggiori esperti di petrolio e gas.
    Maugeri sostiene che gli alti prezzi del petrolio attuali sono dovuti più a limitazioni di produzione (legate anche alla limitata capacità di raffinazione) che a effettiva penuria.
    Le riserve provate di petrolio basterebbero per altri 38 anni, ai consumi attuali, ma le riserve recuperabili sono almeno il doppio e diventerebbero convenienti se il petrolio mantenesse gli attuali alti prezzi.

    Non mi pare confortante leggere che di petrolio ce n'è ancora (ma solo per 38 anni, un'inezia, ai prezzi attuali) e che in futuro dovrà essere estratto dai giacimenti profondi a costi più alti, e quindi il suo prezzo crescerà ancora. Ne sarà contento Maugeri dell'ENI, ma noi no. Perchè costi crescenti del petrolio (e del gas, e dell'energia) si rifletteranno su tutto, cioè sul nostro costo della vita. E renderanno la nostra vita sempre più difficile.

    Siamo sul Titanic, si continua a ballare facendo finta di non sapere che stiamo affondando e non ci si preoccupa neppure di mettere in mare le scialuppe, cioè fuor di metafora di puntare sulle energie alternative.
    Se continua così, prima o poi verrà in mente a qualcuno di mettere le mani sul petrolio rimasto invece di cercare di ridurre i suoi consumi. E' la strada più facile per chi ha sufficiente potenza militare, e l'Iraq suggerisce qualcosa. Ma l'Europa che fa ?

    Edited by Archangel - 16/2/2006, 09:29
     
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  12. FernandoFast
     
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    CITAZIONE (Tianos @ 16/2/2006, 00:26)
    molti di questi discorsi li trovo abbastanza utopici....quando al'amministratore della odierna bayer, gli venne detto durante il processo per crimini di guerra ,della seconda guerra mondiale verso i tedeschi ,che avrebbe dovuto rispondere a dio delle propie linee di condotta, lui rispose che gli unici a cui doveva rispondere erano i suoi azionisti.

    Quello dell'amministratore della Bayer mi sembra un discorso realista posto in un contesto sbagliato... naturalmente.

    Senza andare a sindacare il livello di etica e morale si un dirigente di azienda che ha partecipato allo scempio della guerra, rimarrei a valutare quello che un amministratore di società è, su quello che deve fare, quello che deve ottenere.

    I suoi referenti sono gli azionisti, il suo compito è di far sopravvivere l'azienda con rientri economici sufficenti a mantenerla solvente o meglio capaci di farla espandere nei suoi mercati di riferimento.

    Mi sembra banale, certo; ma questo lo si può ottenere in miliardi di modi. Il concetto a cui mi sto dedicando, è posto su di una linea che a gradienti successivi va dalle categorie peggiori verso quelle migliori.

    Se parliamo di un manager che opera nel mercato dell'energia come quello dell'ENI, le categorie e le scelte sono e rimangono quelle che mantengono in sopravvivenza la sua azienda. Se ci si ferma a questo però, non si fa fino in fondo il proprio lavoro come Manager dell'ENI. Se si pensa alla sopravvivenza di se stessi in prima persona, della propria famiglia, dell'azienda in cui si lavora; e ci si ferma solo a questo, non si è compreso fino in fondo il proprio ruolo, il proprio scopo nella vita aziendale e sociale.

    Quella che si fa strada in Europa è la cosiddetta "Responsabilità Sociale" delle aziende. Ai molti, la cosa è così lontana dalla comprensione (del valore anche economico), che addirittura c'è la necessità di istituire enti che certifichino l'avvenuta integrazione di questi concetti nei consigli di amministrazione delle società. w00t.gif

    La cosa invece è, a mio avviso, lapalissiana. Un'azieda OPERA nella società; se la società non è in grado di accoglere i suoi prodotti l'azienda crolla economicamente; se l'azienda non si prende anche l'onere di un sano sviluppo economico e sociale è SICURAMENTE votata alla bancarotta.

    Cosa succederà all'ENI se non riuscirà, come una delle più grandi aziende energetiche europee, a prevedere e gestire il cambiamento energetico della società?

    Forse l'attuale amministratore ha intenzione di guadagnare tanti soldi per i 4, 5 15 anni in cui presume di rimanere al suo posto prima che lo buttino fuori? Bene, uno che NON pensa alle implicazioni sociali dell'attività di un'azienda grande come l'ENI, non è un buon amministratore. Una persona che non è in grado di gestire e controllare i processi di un'azienda come l'ENI in archi di almeno 20-50 anni, non avrà molto futuro nel settore dell'energia.

    Giorni fa sentivo parlare dei BEI TEMPI in cui Enrico MATTEI era amministratore dell'ENI; alcuni dicevano che la sua grande affermazione era dovuta al fatto che lui pensava all'azienda come NAZIONE. Le sue politiche non erano solo aziendali ma anche nazionali. Quando lui sceglieva non sceglieva solo per l'azienda: sceglieva per la sua NAZIONE.

    Ecco questa non mi sembra utopia, piuttosto, semplice buon senso.

    F
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  13. tersite1
     
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    Caro Archangel
    Vorrei riprendere l'immagine del titanic abbellendola con alcuni numeri
    La nave è stata progettata per trasportare 500 persone, le scialuppe (energie alternative) consentono la sopravvivenza quindi di 500 persone.
    Ne abbiamo imbarcati 6500, e continuiamo ad imbarcarne ad ogni scalo.
    Quando saremo in vista dell'iceberg solo i 500 più svegli saliranno sulle scialuppe (con metodi che non voglio prendere in considerazione).
    Non sarebbe più saggio, finchè la nave galleggia ancora, pensare di non imbarcare più passeggeri, in sostituzione di quelli che sbarcano perchè arrivati alla fine del viaggio?

    Ma di questo avrete modo di parlare fra qualche decina d'anni.

    Ciao
    Tersite
     
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    QUOTE (Archangel @ 16/2/2006, 09:27)
    Ieri sul Corriere della Sera si citava un'intervista su Foreign Affairs di Leonardo Maugeri dell'ENI, uno dei maggiori esperti di petrolio e gas.
    Maugeri sostiene che gli alti prezzi del petrolio attuali sono dovuti più a limitazioni di produzione (legate anche alla limitata capacità di raffinazione) che a effettiva penuria.
    Le riserve provate di petrolio basterebbero per altri 38 anni, ai consumi attuali, ma le riserve recuperabili sono almeno il doppio e diventerebbero convenienti se il petrolio mantenesse gli attuali alti prezzi.

    Non mi pare confortante leggere che di petrolio ce n'è ancora (ma solo per 38 anni, un'inezia, ai prezzi attuali) e che in futuro dovrà essere estratto dai giacimenti profondi a costi più alti, e quindi il suo prezzo crescerà ancora. Ne sarà contento Maugeri dell'ENI, ma noi no. Perchè costi crescenti del petrolio (e del gas, e dell'energia) si rifletteranno su tutto, cioè sul nostro costo della vita. E renderanno la nostra vita sempre più difficile.

    Siamo sul Titanic, si continua a ballare facendo finta di non sapere che stiamo affondando e non ci si preoccupa neppure di mettere in mare le scialuppe, cioè fuor di metafora di puntare sulle energie alternative.
    Se continua così, prima o poi verrà in mente a qualcuno di mettere le mani sul petrolio rimasto invece di cercare di ridurre i suoi consumi. E' la strada più facile per chi ha sufficiente potenza militare, e l'Iraq suggerisce qualcosa. Ma l'Europa che fa ?

    E' questa una delle volte che mi trovi d'accordo.
    Il petrolio c'e', nel mare a profondita' maggiori di quelle fino adesso trovate.
    Purtroppo la tecnologia attuale non permette per esempio di sfruttare pozzi la cui profondita' dalla superficie del mare al fondo dell'oceano sia superiore ai 1700/2000 metri.
    Gia' a 1600 metri le attrezzature per lo sfruttamento (ma sopratutto la posa degli equipaggiamenti) diventano critiche per chi le deve installare.
    A 1700 metri i ROV (robot filo guidati che compiono alcune attivita' sul fondo del mare) iniziano ad avere difficolta visive, a 2000 metri non ci si vede piu'.
    In piu' tutte le attrezzature per la posa ed individuazione del pozzo diventano difficili da gestire.
    Societa' come la Stolt Offshore (adesso diventata Acergy) e la stessa Saipem, leaders entrambi nel proprio settore, non sono in grado di installare alcunche' oltre i 2000 metri.
    Il petrolio c'e' ancora ma e' difficile da recuperare.
    Diverso e' il discorso delle sabbie bituminose che solo un alto prezzo dell'olio rende convenienti.
    Quindi in Canada si e' solo iniziato adesso lo sfruttamento del giacimento a cielo aperto delle White Sands perche' adesso il petrolio costa oltre $60 al barile e permette maggiori investimenti per la lavorazione.
    Quando pero' parlate tu e Maugeri di altri 38 anni a consumi attuali, entrambi dimenticate che paesi emergenti come la Cina e l'India stanno aumentando esponenzialmente il consumo di petrolio, la Cina cresce del 9% annuo e quindi anche i consumi e nonostante stiano costruendo centrali nuke si prevede che solo per autotrazione il consumo di idrocarburi porteranno ad un collasso della produzione perche' la domanda sara' esageratamente alta.
    Allora i 38 anni di Maugeri diventeranno forse 20 se non meno.
    Ciao
    MetS

    Edited by MetS-Energie - 16/2/2006, 13:22
     
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  15. Archangel
     
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    CITAZIONE (MetS-Energie @ 16/2/2006, 11:42)
    Quando pero' parlate tu e Maugeri di altri 38 anni a consumi attuali, entrambi dimenticate che paesi emergenti come la Cina e l'India stanno aumentando esponenzialmente il consumo di petrolio, la Cina cresce del 9% annuo e quindi anche i consumi e nonostante stiano costruendo centrali nuke si prevede che solo per autotrazione il consumo di idrocarburi porteranno ad un collasso della produzione perche' la domanda sara' esageratamente alta.
    Allora i 38 anni di Maugeri diventeranno forse 20 se non meno.
    Ciao
    MetS

    Sono d'accordo. Maugeri si rallegra perchè più si esaurisce il petrolio e più ne aumentano i consumi più ne aumenta il prezzo e di conseguenza i profitti dei petrolieri. Ma io non sono così contento, perchè ne seguirà un impoverimento generale (a favore di chi ha il petrolio) e probabilmente un periodo di conflitti per accaparrarsi il poco petrolio rimasto.

    Dopo di che dovremo da cominciare ad arrabattarci per non abbassare troppo il nostro livello di vita attuale: fare l'elettricità con le centrali nucleari e usare l'energia prodotta col nucleare per fare l'idrogeno, scaldare le case col solare (per chi ha la villetta) o con le pompe di calore, far andare l'auto con l'olio di colza (per chi lo può coltivare) o con le batterie. In qualche modo riusciremo a far fronte.
    Comunque tutto costerà di più, combustibili, riscaldamento, energia elettrica, cibo, trasporti. E noi saremo tutti un po' più poveri.

    Ah già, dimenticavo il carbone. Ce n'è un mucchio, molto più del petrolio, dovrebbe bastarci per un pezzo. E costa poco.
    E allora come mai non usiamo anche adesso ? Dev'essere qualcosa che ha a che fare con l'inquinamento.
    Io mi auguro che le fisime ambientaliste di oggi costringano a convertirlo in qualche cosa di più pulito. Dal carbone, come dagli idrocarburi, si può tirar fuori quasi tutto, combustibili, prodotti chimici. Tutta la chimica tedesca in passato era basata sul carbone. Certo allora non si preoccupavano di polveri, anidride solforosa e altre quisquilie, lo bruciavano com'era; oggi toccherebbe gassificarlo con vapore, depurare il gas di sintesi dallo zolfo e usarlo per sintetizzare quello che serve. Tutte tecniche già note, che si usano già partendo dagli idrocarburi (almeno qualcosa hanno lasciato) e potrebbero facilmente essere convertite al carbone.
    Basta che non si pensi di bruciare direttamente il carbone com'è. Per quello sarei disposto a scendere in piazza.



    Edited by Archangel - 16/2/2006, 14:39
     
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627 replies since 23/12/2005, 11:18   15354 views
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