Per ricordare

Il tempo stonda gli angoli....

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  1. gelante
     
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    Salve

    Scusate, ho trovato in rete questa testimonianza che mi ha molto commosso , la nostalgia mi ha riportato alla mia giovinezza ed alla mia porta dove anche io come l'autore usavo fare le tacche ..è straziante ...un genitore non può perdere un figlio così ...




    Monologo su tutta una vita registrata sulla porta di casa

    “Voglio rendere testimonianza... E’ successo allora, dieci anni fa, e ogni giorno lo rivivo di nuovo. È sempre con me. Vivevamo nella città di Prjpiat’. Proprio in quella. Non sono uno scrittore. Non sarei in grado di descriverlo. La mia ragione non arriva a comprenderlo. E neanche gli studi superiori aiutano. Stai vivendo... Da uomo qualsiasi. Piccolo. Come tutti gli altri, vai al lavoro e ritorni dal lavoro. Ricevi una retribuzione media. Una volta all’anno vai in ferie. Un uomo normale! E di punto in bianco, un giorno ti trasformi in un uomo di Chernobyl. “In un fenomeno da baraccone” . in un fenomeno che incuriosisce tutti e che nessuno sa cosa sia. Tu vorresti essere come tutti, ma non puoi. Non ti è più possibile. Ti guardano con occhi diversi. Ti fanno delle domande: hai avuto paura laggiù? Hai visto bruciare la centrale? Com’era? Cosa hai visto! E, in generale, puoi avere dei figli? Tua moglie non ti ha lasciato? All’inizio siamo diventati dei fenomeni ambulanti... Tuttora la parola “Chernobyliano” è come un segnale acustico... Si voltano tutti a guardarti... viene da laggiù!
    I primi giorni, era questa la sensazione...di aver perduto non soltanto la città, ma tutta la nostra vita... abbiamo lasciato la nostra casa il terzo giorno... Il reattore stava bruciando... Mi sono rimaste impresse le parole di un nostro conoscente: “c’è odore di rettore”. Un odore indescrivibile, ma ne hanno già parlato anche i giornali. Hanno voluto fare di Chernobyl una fabbrica di orrori, anche se poi quello che è venuto fuori in un cartone animato. Io racconterò solo quel che ho vissuto di persona... La mia verità... é andata in questo modo... L’avevano annunciato per radio.. Proibito portare via i gatti, subito la gatta nella valigia! Ma non ci voleva stare, si divincolava. Ha graffiato tutti! Proibito portare con se le proprie cose. E io non mi sarei portato via niente comunque. Tranne una cosa, una sola cosa! Dovevo togliere la porta dell’ingresso dell’appartamento e portarla via, non potevo in nessun caso lasciarla lì... e avrei sbarrato l’ingresso con assi e chiodi. La nostra porta.. Il nostro talismano! La reliquia della famiglia. Quand’era morto mio padre era stato messo disteso su questa porta. Non so in base a quale usanza, e se sia diffusa e dove, ma da noi, mi ha detto mia madre, si usava mettere il defunto sulla porta di casa. Avrebbe aspettato lì l’arrivo della bara. Ho vegliato tutta la notte mio padre disteso su quel catafalco... E la casa è rimasta aperta... Tutta la notte... Sullaporta ci sono delle tacche sin quasi al bordo superiore... Di quanto crescevo... E c’è anche indicato: classe prima, seconda. Settima. Inizio del servizio militare. E accanto, la crescita di mio figlio... Di mia figlia... Su questa porta è registrata tutta la nostra vita. Come potevo lasciarla? Ho chiesto ad un vicino che aveva la macchina: “dammi una mano!” mi ha fatto capire gesticolando che dovevo avere qualche ruotella fuori posto. Ma l’ho recuperata lo stesso... Due anni dopo... La porta... Di notte... In motocicletta... Attraverso la foresta... Il nostro appartamento era ormai stato depredato, ripulito. Avevo alle calcagna quelli della milizia: “fermo o spariamo! Fermo o spariamo!” sicuramente mi avevano preso per un saccheggiatore. Non ci avrebbero mai creduto che stavo rubando la porta di casa mia...
    ...ho fatto ricoverare mia moglie e mia figlia. Avevano delle macchie nere diffuse su tutto il corpo. Che apparivano e scomparivano. Grandi come monete di cinque copechi... Indolori... Hanno fatto tutti gli esami. Ho chiesto... E i risultati? “Non sono per lei!” e per chi sono allora?
    A quel tempo, tutti non facevano altro che ripetere: moriremo, moriremo... E dicevano che per l’anno duemila sarebbero scomparsi tutti i bielorussi. Mia figlia aveva sei anni. La metto a letto e lei mi sussurra all’orecchio: “Papà. Voglio vivere, sono ancora piccola“. E io che pensavo non potesse capire... Riesce ad immaginarsi sette bambine piccole, completamente calve, tutte in una volta? Nella stanza erano in sette... No, ne ho abbastanza! Ho finito! Quando racconto di questo ho come la sensazione, è il cuore a suggerirmelo, di commettere un tradimento, perchè devo descriverla come un estranea... le sue sofferenze... mia moglie rientra dall’ospedale... Non ce la fa più a resistere. ” Sarebbe meglio che morisse, invece di soffrire in quel modo! O che muoia io piuttosto per non doverla più vedere!” no, basta! Ho finito! Non posso. No!
    L’abbiamo posata sulla porta... su quella porta dove a suo tempo era stato disteso mio padre. Finché non hanno portato la piccola bara... Era piccola, come una scatola di una bambola di quelle grandi. Voglio rendere testimonianza che mia figlia è morta a causa di Chernobyl. E si pretenderebbe da noi che dimenticassimo....”

    Nikolaj Fomic Kalugin, un padre
    Da “Preghiera per Chernobyl”
     
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223 replies since 15/5/2007, 09:48   8971 views
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